uno maggio duemilaquattordici



Mi piace il Natale perché è una festa calda, rossa, verde, bianca, intima, allegra. Mi piace la Pasqua per il significato che ha per un cattolico e perché l'aria comincia a scaldarsi e i colori si tingono di sfumature estive di azzurro.
La festa del primo maggio mi commuove - ecco, ci risiamo: prima la storia del secondo figlio, poi la casa e ora il lavoro. Non sono depressa. passo fasi alternanti: triste felice, fiduciosa, coraggiosa, arresa -.
Oggi mi fermerò a riflettere e pensare a ciò che mi circonda, a chi lotta per un lavoro, per tenerselo stretto, a chi ha perso la vita per un lavoro, a chi cerca a tutti i costi di trovarlo, un lavoro. A chi sta costruendo in funzione di un lavoro, a chi sta studiando fiducioso che un giorno questo tempo sarà valso a trovare il lavoro su misura per sé. A chi non vuole lavorare, a chi eredita un lavoro che non gli garba, a chi ama il lavoro che fa. A chi non fa un lavoro, ma lo fa così bene che sembra che lo faccia.
A chi crede in quello che fa. A chi è costretto a tenersi stretto un lavoro che non lo tutela per non restare in disparte. A chi con quel lavoro ci deve solo campare una famiglia.
Voglio pensare a tutte quelle persone grandi, per cui scarseggiano le possibilità; a quegli uomini costretti a guadagnare poche lire. Agli over 35. A chi ha tutta la vita davanti.
Non voglio sentire belle parole, voglio solo pensare. Non voglio trovarmi ad ascoltare il personaggio di turno che condanna, come l'anno precedente e come l'anno futuro.


Il lavoro è un diritto, è una scelta



Commenti

Posta un commento